venerdì 25 febbraio 2011

Lo smartphone come un Pos E' la rivoluzione di "Square"

In pochi mesi la start-up, creata da uno dei fondatori di Twitter, è diventata testa di diamante della Silicon Valley. Ecco come funziona una tecnologia che, insieme all'NFC, vuole farci dire addio al caro vecchio contante 

Lo smartphone come un Pos E' la rivoluzione di "Square"

UN SISTEMA per consentire a chiunque  -  dal maestro di pianoforte all'idraulico  -  di accettare pagamenti con carta di credito, utilizzando come terminale uno smartphone. E' questa la trovata di Square 1, start-up con base a San Francisco creata alla fine del 2009 da Jack Dorsey, cofondatore di Twitter insieme a Evan Williams e Biz Stone. La tecnologia è così semplice da lasciare a bocca aperta: basta collegare un piccolo quadrato al jack audio di un dispositivo Apple (iPhone, iPad o iPod Touch) o di un cellulare Android. Con poche mosse il pagamento è effettuato, senza bisogno di firmare alcun contratto o acquistare l'apposito macchinario, il famoso Pos o "point of sale". Per ora il sistema è limitato agli Stati Uniti e la sua diffusione è ancora marginale, ma diversi analisti sono certi del suo successo. Di sicuro l'idea è piaciuta molto a grandi investitori come Sequoia Capital, Khosla Ventures e J. P. Morgan Chase, che hanno fatto di questa start-up una testa di diamante della Silicon Valley. Facile intuire il perché: potenzialmente, infatti, quel quadratino bianco apre le porte a un'enormità di informazioni, il bene più prezioso per i mercati del ventunesimo secolo.

Square: dall'idea al prodotto. Come spiega Tecnology Review 2 in uno speciale intitolato "The New Money", Square è "figlia" di due tendenze emerse negli ultimi

anni: da un lato la proliferazione di smartphone e altri dispositivi mobili, dall'altro la diminuzione dei pagamenti in contanti rispetto a quelli con carta di credito. Per Dorsey, oggi 34enne, si è trattato (anche) di una sorta di rivalsa a quella che molti, nella Silicon Valley, hanno percepito come un'ingiustizia: la sua estromissione, nell'ottobre del 2008, dal ruolo di CEO di Twitter, a vantaggio del cofondatore più ricco e famoso, Evan Williams. Nella nuova avventura Dorsey si è gettato insieme all'imprenditore Jim McKelvey, il primo a commissionargli, all'età di 15 anni, un software per CD-ROM. "Tutto ha avuto inizio nel Natale del 2008", spiega oggi il CEO di Square. "McKelvey aveva cominciato a lavorare come soffiatore di vetro. Un giorno mi telefonò, raccontandomi di come aveva perso un affare da 3.000 dollari perché non poteva processare una American Express. Stavamo parlando da iPhone ad iPhone: a un certo punto sono rimasto colpito dal pensiero che, in realtà, stava tenendo in mano quasi tutto l'hardware di cui aveva bisogno per completare la vendita".

Come funziona. Con l'aiuto di un programmatore, i due si sono messi all'opera per creare Square: un lettore magnetico in guisa di quadratino bianco (2,5 centimetri circa) da inserire nel jack audio dello smartphone. Poi sono passati alla scrittura del software e della relativa applicazione per iPhone. Il sistema funziona in maniera estremamente semplice: dopo aver "strisciato" la carta, il lettore trasforma i dati magnetici in segnale elettrico; l'applicazione, a questo punto, traduce le informazioni in un file criptato e le invia ai server di Square. E' qui, infine, che viene completata la transazione attraverso il network globale. La persona che effettua l'acquisto è chiamata a firmare direttamente sul cellulare, per poi decidere se preferisce la ricevuta via e-mail o sms. Creare un account ed entrare a far parte del "non-circuito" è altrettanto facile: basta scaricare l'applicazione dall'Apple App Store o (novità degli ultimi giorni) dall'Android Market, installarla sul proprio dispositivo, accettare i termini di servizio e inserire alcuni dati personali. Et voilà: il quadratino arriva per posta entro 48 ore, ma fin da subito è possibile accettare pagamenti digitando sull'iPhone o sul Droid poche, essenziali informazioni sulla carta e il suo proprietario.

I costi. Ovviamente, convertirsi a Square ha il suo costo: il sistema, infatti, "mangia" il 2,75% di ogni transazione, una percentuale che comprende i guadagni dell'azienda e i rimborsi per le compagnie di carte di credito. In termini assoluti, la spesa può sembrare maggiore rispetto all'attivazione e gestione di un terminale "tradizionale", ma  -  almeno nel mercato statunitense  -  la cosa non è così scontata. "Ci sono diverse ragioni per cui le persone comuni non accettano carte di credito", spiega ancora Dorsey. "Il sistema di pagamento è straordinariamente complesso, opaco e costoso. Innanzitutto bisogna richiedere un account da commerciante tramite una banca o un'organizzazione indipendente. La sola domanda implica un controllo del credito, che può richiedere fino a una settimana. Poi bisogna comprare l'hardware, che per i macchinari wireless si aggira attorno ai 900 dollari. Senza contare i costi mensili: tra i 15 e i 25 dollari, anche se i clienti non comprano nulla". Per tutte queste ragioni, aggiunge Keith Rabois, COO della start-up ed ex business manager a PayPal e LinkedIn, "ai commercianti Square conviene: è un modo di potenziare il loro giro d'affari".

Qualche numero. Ad oggi, Square conta più di 200.000 account e processa una cifra compresa tra i 2 e i 10 milioni di dollari a settimana. Al programma pilota, lanciato agli inizi del 2010, hanno partecipato in 50.000. Dal rilascio ufficiale del sistema, avvenuto lo scorso ottobre, fino al mese di dicembre, gli utenti sono aumentati di 100.000 unità. Altri 65.000 si sono aggiunti solo a gennaio. Ma le ambizioni dei creatori di Square sono ben altre: processare transazioni per un miliardo di dollari soltanto nel 2011. Ampissimo, d'altronde, è il bacino d'utenza a cui mira la start-up: come ha spiegato Rabodis, ne fanno parte "i 27 milioni di esercizi commerciali statunitensi che non possono accettare pagamenti con carta di credito, così come i 33 milioni di americani che vendono merci e servizi solo occasionalmente e i 7 milioni di commercianti che, pur possedendo già un terminale, desiderano un sistema più efficiente per il mobile payment".

Quanto al futuro, le intenzioni sono di iniziare a esportare il sistema di pagamento al di fuori del Nord America già nel 2012, anche se i piani rimangono ancora segretissimi. La competizione - per ora - non è un problema. Recentemente, infatti, grandi aziende come VeriFone, Intuit e TF Payments hanno lanciato prodotti simili (chiamati, rispettivamente, Payware Mobile, GoPayment e Focus Pay) che consentono agli utenti di accettare carte di credito fissando dei lettori magnetici agli smartphone. In questi casi, tuttavia, si tratta semplicemente di nuovo hardware, e non di un sistema di pagamenti completamente nuovo: i singoli venditori, infatti, devono comunque richiedere un account specifico e passare dunque attraverso le banche o i loro intermediari.

Se piovono "Business angels". Le potenzialità del settore non sono sfuggite ai tanti cercatori d'oro  -  o meglio, di ciò che potrebbe diventare oro  -  che si aggirano nella baia di San Francisco. Negli ultimi mesi, infatti, Square ha visto saltare alle stelle gli investimenti sia da parte di singoli business angels che da colossi del venture capital. A gennaio, ad esempio, Sequoia Capital e Khosla Ventures sono entrati nel consiglio d'amministrazione della società, portando con sé oltre 27,5 milioni di dollari e l'esperienza di Roelof Botha, anche lui ex-dirigente di Paypal. Così, in poco più di un anno, l'azienda è passata da una valutazione di 40 milioni di dollari  -  a dicembre 2009  -  agli oltre 240 milioni attuali (fonte Wall Street Journal).

L'altra faccia del mobile payment. Per la sua semplicità e il fatto di essere potenzialmente aperto a ogni persona dotata di conto in banca e smartphone, Square si pone come il gemello antagonista del mobile payment basato su tecnologia Near Field Communication (NFC), dove il cliente paga usando il cellulare al posto della carta di credito. Da un lato si potrebbe pensare che, nella Silicon Valley, alcuni non credano più di tanto a questa "svolta tecnologico-economica" che, secondo una recente indagine di Aite Group, dovrebbe fare dello smartphone "l'unica forma di pagamento entro il 2015" 3. O forse, più semplicemente, si tratta di due trend complementari verso un unico destino, percorso parallelamente da realtà emergenti come Square e giganti del calibro di Google, fin dall'inizio in prima fila per quanto riguarda l'NFC 4. Intanto, sulla scia dell'applicazione che il mese scorso ha fatto diventare 2.0 il caffè di Starbucks 5, una cosa è certa: anche se non è possibile prevedere la tempistica con cui evolveranno queste tecnologie, il soldo da toccare con mano  -   o da ascoltare, come faceva l'Arpagone di Molière interpretato da Alberto Sordi - sarà sempre più raro.

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