giovedì 24 febbraio 2011

"Hai combinato un pasticcio" Torna il gelo Berlusconi-Tremonti

Intanto il Cavaliere accelera
sulle riforme: «Se non ora quando?»

AMEDEO LA MATTINA

ROMA
Alla fine Tremonti ha tagliato dal Milleproroghe meno di quanto avrebbe potuto o dovuto secondo le indicazioni del Capo dello Stato. Indicazioni di metodo, non sulle singole misure, quelle di Napolitano. Eppure ieri a Montecitorio molti ministri e deputati della maggioranza avevano il dente avvelenato sia con Tremonti sia con il Capo dello Stato, accusando quest'ultimo di essere entrato nel merito dello spacchettamento. Tesi - sempre secondo i denti avvelenati - che sarebbe stata avallata dallo stesso inquilino di via XX Settembre per giustificare lo sfoltimento di una serie di norme che ha seminato il malcontento soprattutto tra i parlamentari del Sud e di Roma. Via libera alle ruspe contro le case abusive in Campania, no all'aumento dei consiglieri e degli assessori delle città con più di un milione di abitanti (norma che interessava innanzitutto Alemanno per far entrare in giunta la Destra di Storace). Un amico-ministro del sindaco della Capitale si è voluto sincerare di persona se fosse vero quello che andava dicendo Tremonti, cioè «me lo ha chiesto Napolitano...». E dal Colle ha avuto come risposta «non ne sappiamo niente». «Non è finita qui», è stata la reazione ruvida di Alemanno quando ieri ha incrociato Tremonti agli stati generali di Roma.

Sarà pure «finta confusione», come ha minimizzato Bossi, ma rimane il fatto che ieri la maggioranza sembrava confusa, in affanno. E come al solito tutte le tensioni si sono scaricate sul ministro dell'Economia che avrebbe favorito gli interessi elettorali della Lega. Tante le telefonate di protesta a Berlusconi, che attribuisce al suo superministro la colpa di avere fatto un pasticcio con il Milleproroghe, praticamente trasformandolo in una finanziaria. Trasformazione che ha portato allo stop del Presidente della Repubblica, pena la mancata promulgazione. «Napolitano mette sabbia nel motore del governo e Giulio ne è ben contento», ha detto il premier a coloro che lo hanno chiamato per protestare.

Il presidente del Consiglio si lamenta di non avere poteri, di dover sottoporre i decreti alla firma del Capo dello Stato, di vedere i suoi provvedimenti che escono dal Consiglio dei ministri come «cavalli di razza» e cammin facendo in Parlamento si trasformano in «ippopotami». Il riferimento al Milleproroghe è evidente. Ma per Berlusconi la maggioranza ora è più forte e omogenea. Alla Camera è a quota 321 e punta a 330. E allora piede a tavoletta sull'acceleratore della giustizia. Non scorda mai i suoi processi. Viene calendarizzato il processo breve, nonostante appena l'altro ieri sia stato il ministro della Giustizia Alfano a dire che non se ne faceva più nulla perché non è una priorità. La consulta giustizia del Pdl ha inoltre deciso di puntare in tempi rapidi sull'approvazione del provvedimento-bavaglio sulle intercettazioni telefoniche. Verranno pure avviate subito le procedure per sollevare conflitto d'attribuzione e la questione dell'improcedibilità contro quelle che vengono considerate «gravi violazioni» da parte del tribunale di Milano sul caso Ruby. Ancora: la prossima settimana sarà la volta delle riforme costituzionali sulla giustizia.

Berlusconi fa sul serio, vuole la volata. «Se non ora quando», ha detto ironicamente, facendo il verso allo slogan delle donne che sono scese in piazza contro la mercificazione del corpo femminile. E pazienza se Napolitano non è d'accordo. Quanto invece alle colombe del suo governo, il premier è stato netto:«Non voglio sentire discussioni. Nessuno deve frenare». Ce n'è anche per il suo Guardasigilli che in questi ultimi tempi di dubbi ne ha espressi molti sull'opportunità di mettersi contro tutti, dal Quirinale alla Corte Costituzionale e alla magistratura. Per i duri della maggioranza questo atteggiamento di Alfano conferma il suo obiettivo di vestire i panni del moderato, di volersi smarcare per costruirsi un futuro da leader dialogante anche con l'opposizione. Ma non può sottrarsi, ci deve mettere la faccia come ministro della Giustizia: «Ha voluto la bicicletta? Ora pedali!».

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