mercoledì 22 settembre 2010

Cronaca: Torna la banda della Magliana blitz anti-usura, 11 arresti

Perquisizioni anche per l'ex cassiere Nicoletti, 23 indagati. Proponevano affari d'oro dalle aste giudiziarie, tra cui gli uffici della questura e le ville di Cragnotti e Cafu. Coinvolti un ristoratore, un avvocato, un commercialista, un noto pierre. Truffe e minacce alle vittime, anche da parte dei Casamonica. L'indagine è partita dall'omicidio di un personaggio legato all'immobiliarista Danilo Coppola


Due noti professionisti, un avvocato e un commercialista ma anche esponenti della banda della Magliana, tra cui probabilmente l'ex cassiere Enrico Nicoletti. Questi alcuni degli personaggi coinvolti a Roma in un'operazione antiriciclaggio condotta dalla polizia di Stato che ha portato all'arresto di 11 persone. Numerosissime le perquisizioni nell'operazione disposta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, una avrebbe riguardato anche il boss Nicoletti. Oltre 200 gli uomini della polizia al lavoro per tutta la notte nella Capitale. Nel corso dell'operazione denominata "Il gioco è fatto" gli uomini della squadra mobile di Roma hanno così messo fine ad una organizzazione criminale dedita all'usura, al riciclaggio di denaro, al millantato credito, alle estorsioni e alle truffe. Tra gli arrestati anche esponenti della criminalità organizzata romana e napoletana.


Il giro di malaffare coinvolgeva l'avvocato, l'assicuratore, il commercialista che riciclava i soldi, un immobiliarista, un noto pierre. E a tenere le fila, secondo le accuse e le ricostruzioni degli investigatori, c'era Francesco Mario Dimino, proprietario del ristorante romano 'I sapori di Sicilia', che figura tra gli 11 arrestati. Proprio Dimino avrebbe messo in scena la vendita-fantasma di alcuni uffici della questura.

Tra le specialità della banda la simulazione di favolose vendite immobiliari attraverso una ben orchestrata messa in scena, millantando aderenze al tribunale civile grazie alla complicità di un avvocato e di un commercialista, proponevano affari d'oro dalle aste giudiziarie. Facevano credere ai potenziali acquirenti, di poter vendere loro vantaggiosamente, ville prestigiose, quali la casa del giocatore Cafu, previa caparra da 32mila euro, o una quota della villa di Cragnotti - "ma intanto dammi 20mila euro" - o lo stesso palazzo della questura, azioni della Coin di via Cola di Rienzo a Roma, automobili. Non solo: promettevano pure posti di lavoro anche presso segreterie di politici come il ministro Sandro Bondi, del tutto estraneo alla vicenda.

In manette, oltre a Dimino, sono finiti: Simone Scorcelletti, noto pr delle serate romane diretto collaboratore del ristoratore nel trovare risparmiatori che accettassero gli affari proposti dall'organizzazione; Stefano Loconte, un assicuratore che si faceva intestare la maggior parte degli assegni consegnati dalle vittime; Gabriele Carbone, assicuratore, che consegnava il denaro raccolto da Dimino ad appartenenti a famiglie malavitose; Fabrizio Testaguzza, commercialista di Roma che riciclava il denaro raccolto dall'organizzazione; Ernesto Rampini, avvocato penalista del Foro di Roma che sfruttava la sua posizione per garantire gli affari proposti dall'organizzazione. Dimino gestiva i rapporti anche con altri arrestati, come Armando Rinolfi, proprietario di una gioielleria in zona Tuscolano; Massimo Carbone, amministratore di una società di servizi; Guerino Casamonica; Giuseppe Barbagallo, titolare di una società immobiliare; Alessandro Carbone, agente immobiliare.

Tra le vittime delle truffe medici, piloti, imprenditori, impiegati, appartenenti al mondo dello spettacolo e anche alle forze di polizia. Il cliente illuso pagava la sua caparra ed entrava poi in un tunnel senza uscita, passando dall'illusione dell'affare all'indebitamento e anche all'usura. Credevano di investire i risparmi di una vita, alcuni sono stati minacciati armi in pugno e costretti a pagare cifre vertiginose. A riscuotere i debiti erano poi alcuni membri della famiglia Casamonica, che regolavano i conti a suon di minacce - "ricordati che so so dove abita tua figlia", si legge in un'intercettazione - e botte. Personaggi di spicco della banda della Magliana e della criminalità organizzata romana e napoletana sono sospettati di essere i mandanti del giro di affari, sono stati perquisiti e risultano tra i 23 indagati.

L'indagine della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Roma risale a due anni fa ed è partita dall'omicidio del febbraio del 2008 di Umberto Morzilli, un personaggio quest'ultimo ucciso nel quartiere Centocelle di Roma, che aveva negli ultimi anni portato a termine numerosi affari economici anche con l'immobiliarista Danilo Coppola. Indagando sulle amicizie di Morzilli gli investigatori della mobile, diretti da Vittorio Rizzi, sono risaliti ad una serie di soggetti specializzati in usura e truffe.

INCHIESTA ITALIANA Finanza sporca e omicidi, torna la Banda della Magliana di CARLO BONINI

Le vittime venivano spesso procacciate da un noto pr della capitale, un organizzatore di eventi e concerti che proponeva grandi affari millantando amicizie nei tribunali e nel mondo delle aste giudiziarie. Le vittime venivano invitate anche nello studio di un avvocato civilista di Roma. In altri casi venivano prestati soldi a persone in difficoltà che volevano avviare alcune attività commerciali. "L'inchiesta non è ancora finita - ha detto il capo della squadra mobile, Rizzi - andremo avanti per verificare la responsabilità di altri complici. I vari soggetti spesso cedevano i propri crediti e le vittime ad altri gruppi".

"E' impressionante che ancora oggi ci siano esponenti della banda della Magliana che riescono ad avere un ruolo tra le organizzazioni criminali", è stato il commento del sindaco di Roma Gianni Alemanno. "Questo deve farci riflettere - ha detto - perché queste forme di criminalità organizzata perdurano nel tempo e un fenomeno particolare e storico come la banda della Magliana, ancora oggi, riesce a influire sulla nostra città".

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